Vernissage

giovedì
10 novembre 2016
ore 18:00

 

Periodo

dal 8 novembre 2016
al 28 gennaio 2017

da martedì a sabato
dalle 8:30 alle 24:00

3,45 METRICUBI DI RITRATTI METROPOLITANI

Una serie di ritratti realizzata in strada, lungo sentieri, spiagge o comunque in ambienti prevalentemente urbani. Per cinque anni, ovvero dal 2010 al 2014, M.F. ha operato costantemente applicando un format, un concetto di costruzione e presa d’immagine in cui i soggetti ritratti, ovvero persone normali, si mescolano a personaggi famosi, abituati ad essere immortalati fotograficamente.

Si tratta di un concetto radicale: il soggetto è tenuto a posare in un punto ben definito al centro delle linee prospettiche che definiscono il paesaggio alle sue spalle, sfondo costante in ognuna delle tante sessioni che compongono il progetto, destinato ancora ad evolversi.

Tale costanza si evidenzia nel confronto tra gli scatti realizzati all’interno di una singola sessione: muta solo il soggetto. Ne notiamo meglio l’età, il sesso, la postura, l’abbigliamento in relazione agli altri. Il ritratto fotografico in questo caso si approssima così a divenire strumento d’indagine sociografica. Il progetto fa pensare alla scansione svolta dalla risonanza magnetica, condividendone anche l’acronimo “RM”: come la risonanza seziona il corpo umano, RM seziona il corpo sociale. L’allestimento è particolarmente concettuale: una selezione di scatti son proposti in sequenza allineata, coprendosi l’un l’altro. Le persone ritratte rappresentano l’eterogeneità di un lungo viaggio tra diverse culture europee. Gli spettatori/commensali sono invitati a sospingere lo sguardo tra una foto e l’altra, così da percepire al meglio la singola immagine e rapportarsi con il singolo soggetto. Se ci si allontana soffermandoci invece sull’installazione nella sua interezza, ecco che questa si traduce in un parallelepipedo rettangolo di 3,45 m3, che rappresenta metaforicamente l’idea-oggetto alla base del progetto.

http://www.ritrattimetropolitani.ch

GOOD MORNING, LUGANO

Questa è la storia di un lavoro autocensurato per poter essere pubblicato, e delle riflessioni che ne conseguono; di una rivendicazione del diritto all’espressione artistica che si scontra con il principio della protezione dei dati personali. Il caso giuridico spinge l’autore a difendere il proprio lavoro in pubblico. Per poterlo fare, devono però essere inseriti i bollini rossi, un espediente per tenere le foto al riparo da problemi legali, che ne trasformano al contempo la portata estetica. Gli stessi bollini, divenuti oggetto di uno sguardo estetico, diventano una critica alla società della comunicazione, che pur ruotando intorno alla messa in scena dell’immagine personale nei social network, nega alla street photography il diritto di cittadinanza. (Fieni M., 2012, Good morning, Lugano, Ticinosette 5: 39-45). La serie originale è composta da 10 elementi.

RED DOT #PRIVACYFREEZONE

Il progetto #PrivacyFreeZone indaga un paradosso: come convivono il diritto alla privacy e la libertà d’espressione in Svizzera nel 2016? Il diritto alla privacy, iscritto nell’articolo 28 del codice civile, garantisce a ognuno il diritto esclusivo sull’uso della propria immagine personale, impedendo a terzi di poterla rappresentare. Al contempo, l’articolo 21 della Costituzione garantisce la libertà d’espressione artistica. In uno spazio fisico definito da un cerchio rosso, è attivata una free zone, uno spazio franco e “fuorilegge”, nel quale questi due articoli si trovano momentaneamente sospesi. Cosa ne pensate? Come reagite? In un’epoca dominata dallo scatto facile, le idee di privacy e di protagonismo si sovrappongono spesso, dando vita a un cortocircuito. Qual è lo spazio fisico di un’immagine? Da che cosa ci tuteliamo? Da chi? Lo potrà sperimentare chiunque transiterà davanti al cerchio rosso e/o scatterà una foto a chi ci si è volutamente fermato. Grazie alla relazione transitiva d’artista, tutti saranno liberi di pubblicare attraverso principalmente Instagram e Twitter le immagini condivise con l’hashtag #PrivacyFreeZone. Queste immagini verranno poi, canalizzate attraverso il sito internet www.privacyfreezone.com.

INTERPOSITION

Interposition è nato come re-azione linguistica sperimentale applicata alla fotografia di massa in compresenza di neo-turisti cinesi in visita alla Kapellbrüke di Lucerna nell’estate del 2015. Questa serie di ritratti nasce nell’atto della ripresa stessa, frapponendosi tra i fotografi e i loro soggetti; fotografi che vengono così resi coscienti di essere a loro volta ripresi, divenendo a loro volta soggetti. L’operazione mette in evidenza i meccanismi inconsci riflessi che intercorrono al momento dello scatto e per dirla con le parole di Franco Vaccari: “l’inconscio tecnologico, l’inconscio sociale e poi tutti i tipi di inconscio rintracciabili nella persona del fotografo. Buon ultima ma invadente e rumorosa”, quello che definisce l’autore della serie qui presentata con questo scritto, ovvero di dargli “una motivazione personale cosciente” che qui è relegata dapprima al soggetto delle immagini esposte per poi farla rimbalzare sul destinatario dell’operazione, ovvero sul fruitore in sala, che a sua volta ne darà la propria. La “magia benjaminiana” inizia dal congelamento della sorpresa del nostro nuovo soggetto per trasformarsi in materia riflettente, reiterandone così continuamente l’azione comunicativa tra le parti. La sospensione da questo gioco di specchi saussurriano si risolverebbe immaginando questo luogo come una sorta di meccanismo che ci parla dal profondo del suo inconscio tecnologico.

BARCODES

Barcodes è un progetto di rottura rispetto alla tipologia di fotografia tendenzialmente iconoclasta (dal greco – eikón, “immagine” e – kláo, “rompo”) svolta dall’autore, come per esempio il progetto Ritratti Metropolitani. Volendo dare un’etichetta a questa nuova serie, possiamo parlare di una fotografia astratta, estremamente estetica e iconodula (in ambito cristiano, è il culto “dulia” reso alle immagini, le “icone”), inizialmente svolta con un approccio architettonico/urbanistico, che reitera il reale nei suoi stessi motivi (patterns), producendo visionari paesaggi/sistemi di stampo dickiano. Il progetto viene definito dal suo autore come “pura ucronia documentaristica”, poiché sviscera il tempo frastagliandolo in spazialità. Questi simulacri cinetici svolti in “one take” (ovvero senza l’ausilio di lavorazioni in post-produzione) rispettano quell’inconscio ottico/tecnico (Benjamin/Vaccari), celebrato nelle sue derive più meccanico-psichedeliche in “Printer Damage”. Questa nuova ricerca è considerata per la sua tecnica paratattica, onnivora perché può inglobare diversi generi fotografici, spostandosi per esempio dal livello documentaristico a quello ritrattistico, senza stravolgerne la sua natura. Barcodes è un simulacro cinetico che può esser apprezzato come un naturale continuum delle avanguardie storiche.

Biografia

Matteo Fieni
Classe 1976, Matteo vive e lavora tra Lugano e Zurigo. Ha frequentato l’Istituto Europeo di Design di Milano (IED 1998-2001), dedicandosi sin da subito alla fotografia con un approccio autodidattico e sperimentale. In quel periodo espone la serie Virgin Times, un lavoro di action photography concettuale nel circuito off di Images (Vevey 2000). La sua attitudine indipendente lo porta però presto ad ottenere incarichi professionali su scala nazionale. Dopo un ritorno dietro i banchi di scuola per gli studi in comunicazione a Lugano (USI 2007-2010), torna a dedicarsi alla ricerca fotografica. Con Good morning, Lugano, cinica citazione di una guerra quotidiana in tempo di “pace”, commemora la “street photography” nell’epoca della privacy. Matteo poi si impegna in un viaggio di studio che unirà i Balcani all’Europa centrale con la serie Ritratti Metropolitani. Attualmente, le sue indagini proseguono in modo trasversale con il progetto #PrivacyFreeZone, che approfondisce il tema della privatizzazione all’epoca della fotografia di massa e legata ad una serie di performances. Arriva anche la più recente Camera F, un concetto espositivo dedicato principalmente alla presentazione di ricerche fotografiche contemporanee inedite, e in particolare alla sua visionaria interpretazione del reale con Barcodes, ispirato alle letture di Philip K. Dick. Tra i principali riconoscimenti spiccano il Premio Metrocubo (Ancona, 2011), lo Swiss Photo Award (EWZ, 2012) e la nomina in qualità di Artista Bally (2013).
http://www.matteofieni.ch

Esposizioni Collettive – Selezione
2015 Fotografia Europea, Ritratti Metropolitani, Reggio Emilia (I)
2014 Type de Plage, Ritratti Metropolitani, Ginevra
2014 PhotoBastei, Ritratti Metropolitani, Zurigo
2014 Must Gallery, Poor paper, Lugano
2013 Ground Zero, Highway, Lugano
2012 Quattrocentometriquadrati Gallery, Ritratti Metropolitani, Ancona (I)
2012 Mercato delle erbe, Ritratti Metropolitani, Ancona (I)
2012 EWZ – Swiss Photo Award, Good morning, Lugano, Zurigo
2011 Ego Gallery, Identità, Good morning, Lugano, Lugano
2011 Casa Cavalier Pellanda, 12×7 Ritratti Metropolitani, Biasca
2003 La Fabbrica, Virgin Times, Losone
2000 Argos Project (Image, Circuito off), Virgin Times, Vevey

Esposizioni Personali – Selezione
2016 150° Visarte Fribourg, #PrivacyFreeZone, Friborgo (performance)
2016 Longlake Festival / 150° Visarte Ticino / Arte Urbana Lugano, #PrivacyFreeZone, Lugano (installazione/performances)
2016 Camera F – Esposizione #1, Barcodes, Lugano
2015 Biennale dell’immagine, Ritratti Metropolitani, Capolago (installazione)
2000-2003 La Fabbrica, S-guardi, Losone (varie installazioni)

Vernissage

Stampa

La Rivista di Lugano, 04.11.2016
La Regione, 09.11.2016
Tessiner Zeitung, 18.11.2016
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